A tu per tu con Colombini Soprano d’Arti
Showgroup offre numerose proposte e tipologie di intrattenimento differenti, tra cui scegliere.
Oggi desideriamo presentarti una figura che ha fatto del Bel Canto, la sua professione, incantando migliaia di spettatori, attraverso performance uniche ed emozionanti. Stiamo facendo riferimento a Silvia Colombini Soprano d’Arti!
Perché soprano d’arti? Semplice, perché ha rivoluzionato la figura del soprano, unendo lirica e performance, un mix perfetto che oltre a identificarla, l’ha portata a esibirsi persino davanti a due Presidenti della Repubblica e due Papi. Conosciamola attraverso questa intervista!
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Silvia Colombini Soprano d’Arti – cantante lirica e performer- ha tutte le carte in regola per aggiungere un tocco di originalità e personalità durante il tuo evento, non perderti l‘occasione di conoscerla e richiederle un preventivo gratuito!
Conosciamo Silvia Colombini: la nostra intervistata del giorno!
3,2,1…diamo inizio all’intervista!
Buongiorno Silvia, è un vero piacere poterla intervistare.
Ci può raccontare chi è Colombini Soprano e Colombini Soprano d’Arti?
Sono essenzialmente una instancabile ricercatrice che nella vita ha scelto il canto lirico come proprio terreno di prova.
Ho avuto la fortuna di esibirmi come soprano sui principali palcoscenici internazionali, collaborando con grandi registi e direttori d’orchestra come Zubin Metha, Fabio Luisi, Mario Martone, Davide Livermore.
Dopo tanti anni da pura operista, ho però rivoluzionato la figura classica del soprano, inventando quella del soprano d’arti. Si tratta di un soprano innovativo, più propriamente “soprano delle arti”, ossia una cantante lirica che dà letteralmente voce alle altre arti come pittura, scultura, letteratura.
Come soprano d’arti, oltre a cantare, recito, creo i testi e le regie delle mie performance e a volte compongo brani inediti.
Diciamo che sono un soprano “potenziato”.
Dando un’occhiata alla sua biografia sul profilo Showgroup, abbiamo visto che discende da una famiglia di cantanti lirici.
La lirica nel mio caso è un cromosoma. Nella mia famiglia ci sono avi cantanti che venivano osannati da Verdi e Puccini e mio nonno paterno è stato un compositore di opere liriche.
Com’è nato il suo amore per la lirica? Quando ha capito che la musica sarebbe diventata parte integrante della sua vita?
Non integrante, direi parte essenziale della mia vita.
Nasco in realtà come strumentista, anche se sono cresciuta a “pane e opera lirica” perché il nonno compositore viveva con noi.
Mi diplomo in violino e per anni svolgo la professione di violinista in diverse orchestre giovanili, poi però un giorno il cromosoma lirico si risveglia e mi accorgo di avere una voce di soprano impostata in modo naturale.
Avevo 27 anni e cantavo solo quando lavavo i piatti… da musicista però mi rendevo conto di avere delle doti canore consistenti e non c’era tempo da perdere!
Scrissi dunque una lettera al più grande soprano di coloratura dei miei tempi, Edita Gruberova, che mi ascoltò e mi permise di perfezionarmi a Vienna.
Studiai però solo pochi mesi, poi affrontai subito quattro concorsi internazionali: tre li vinsi subito e il quarto, che persi in finale, mi diede però la possibilità di debuttare a Vienna con 100 recite del Pipistrello di J. Strauß, a cui seguì anche una lunga tournée in Giappone.
Mi ritrovai così catapultata in una carriera internazionale praticamente da autodidatta!
Parliamo di palcoscenico: quanto è complicato “vestire i panni” di un personaggio?
È un lavoro di scavo interiore e allo stesso tempo di osservazione degli altri. Bisogna andare a cercare quel personaggio dentro se stessi e tra le persone che ci circondano.
Il teatro crea una vera e propria catarsi perché entrare in un personaggio, anche solo per il breve tempo di qualche recita, vuol dire riuscire a pensare e a vedere il mondo con occhi differenti dai propri. Una magia breve, ma sempre avvincente.
Qual è il personaggio, che ha portato in scena, al quale è più legata? Perché?
In realtà sono due: la Regina della Notte del Flauto Magico di Mozart e il personaggio di Amina nella Sonnambula di Vincenzo Bellini.
Il primo è un ruolo estremo, l’emblema del virtuosismo, richiede una dote vocale particolare (una estensione vocale estrema) e un grande controllo mentale. In ogni generazione di cantanti, le “regine” sono solamente 4 o 5 al massimo. Io ho eseguito questo ruolo moltissime volte nei “templi” Mozartiani come per esempio il teatro Semperoper di Dresda, e questo ruolo ogni volta mi riconfermava che ero nata per cantare.
Il secondo invece è l’emblema della bellezza del Belcanto italiano. Bellini è il padre del Belcanto e io ho una vocalità propriamente belcantistica.
La Callas lo considerava il ruolo top del soprano. Inoltre, mi lega a questo ruolo anche un fattore affettivo: mia nonna si chiamava proprio Amina, nome che le fu imposto dal padre dopo aver assistito a una recita della Sonnambula.
Il Soprano d’Arti rivoluziona la figura classica del soprano, ci può spiegare meglio? Lei canta addirittura in 13 lingue diverse. Com’è riuscita a raggiungere questo straordinario risultato? Ci sveli il segreto!
Da sempre collaboro con la diplomazia internazionale e spesso mi è stato chiesto di omaggiare ambasciatori o uomini di rilievo provenienti da tante nazionalità differenti. Ho così cominciato ad allargare il repertorio arricchendolo di brani in tante lingue diverse.
Poi le tournée in Cina e in Giappone mi hanno aperto alle lingue orientali. Per cantare in tutte queste lingue, non ci sono segreti speciali, il segreto è sempre e solo uno: studiare, studiare, studiare!
Oltre alle lingue europee, il russo, il ceco, il cinese, il giapponese e il coreano, ci sono anche lingue rare come l’aramaico e il greco antico perché ho una enorme passione per la cultura classica. Tutte queste lingue – e il repertorio correlato – mi permettono di creare esibizioni del tutto inedite.
Come soprano d’arti per esempio canto per inaugurazioni di musei, ma anche per singole opere d’arte che possono essere collegate a brani in queste lingue “lontane”.
Nelle prossime settimane per esempio “darò voce” a ben tre musei diversi e a mostre personali, tra Milano, Catania e il Belgio.
Un esempio pratico? Posso eseguire in lingua cinese la canzone popolare da cui Puccini trasse uno dei temi operistici di Turandot e, senza soluzione di continuità, eseguire un’aria dalla stessa Turandot. Questo accostamento, che chiamo “giustapposizione”, è il più autentico lavoro del soprano d’arti.
È vero che la sua voce è un “pezzo da museo”?
Sì, la mia voce è “esposta” permanentemente nel Museo delle Cicladi in Grecia. Però “pezzo da museo” sa un po’ di polvere… il mio canto invece è qualcosa che coniuga tradizione e forte spirito innovazione (ho addirittura un progetto che coniuga canto lirico e intelligenza artificiale).
Come riesce a separare vita professionale da quella personale?
Semplice, sono totalmente (a)social per scelta e per discrezione. Le due vite rimangono così totalmente separate. Tutti mi dicono che questo mi penalizzata nel lavoro, ma in realtà non mi fermo un attimo da 23 anni. Evidentemente, chi ha bisogno di me, mi conosce e mi apprezza, mi chiama anche senza like e post!
Quali sono stati i momenti più emozionanti della sua carriera? Se possibile, ci racconti qualche aneddoto!
Porto avanti da venti anni un ciclo di concerti sulla Dignità Umana con performance che spaziano dalla condanna della violenza sulle donne, alla ricerca sulle malattie rare, alla salvaguardia dei diritti umani. In questo filone rientrano i concerti per i cosiddetti “bambini farfalla” di cui sono anche testimonial italiana, affetti da una rara malattia genetica; i concerti a scopo umanitario in India, Vietnam, Africa; il concerto ufficiale per Pavarotti in piazza Modena voluto da UNHCR per i rifugiati.
Tra i concerti più emozionanti della mia vita, quello che tenni nella corsia di un ospedale romano nel quale mio padre era primario e i concerti all’interno dell’ospedale di Emergency in Sudan.
Un aneddoto? Quando tenni un recital a Bombay, qualcuno del pubblico cercava di guardare dietro le mie spalle per capire dove nascondessi le casse… non avevano mai ascoltato la voce lirica! (noi non usiamo microfoni, ma le risonanze naturali della voce).
Come ci si prepara prima delle esibizioni più importanti? E se crede nella fortuna, ha qualche rito/oggetto portafortuna?
Ci si prepara studiando e poi isolandosi. Bisogna trovare una armonia interiore prima di uscire dalle quinte. Penso che la fortuna e la sfortuna siano sole emanazioni del nostro stato d’animo, quindi mantengo anche nelle situazioni difficili un atteggiamento positivo; credo nel dono della mia voce e mi fido del mio studio, tutto qui. Non ho portafortuna, ma ho degli oggetti di cui non posso fare a meno, tra cui una vecchissima piccola tastiera che porto sempre con me.
Ha già raggiunto incredibili risultati professionali, tra questi, si è esibita per due Presidenti della Repubblica e due Papi e nell’ambito degli eventi ha cantato per aziende autorevoli (Samsung, L’Oreal, Saint Gobain e nel concerto per il convegno mondiale della cosmesi).
Cosa offre di unico il soprano d’arti per questo tipo di eventi?
Molti eventi sono un copia e incolla di cose già viste, non hanno nulla di veramente artistico e memorabile.
Una performance da soprano d’arti, al contrario, offre realmente qualcosa di nuovo e irripetibile.
Grazie al repertorio vastissimo e alle tante lingue, riesco a dare letteralmente voce al tema della serata. Le mie performance hanno sempre un forte impatto emotivo. Il suono della voce lirica già di per sé crea un impatto, le persone ne hanno una percezione fisica. Canto, recito, mi muovo tra il pubblico coinvolgendolo, a volte creo suggestioni sensoriali. Anche le esibizioni più formali, come quelle istituzionali, sono in grado di “muovere” qualcosa nelle persone. Il pubblico spesso salta in piedi euforico o si commuove. Sono felice di essere una coltivatrice e dispensatrice di emozioni sane.
C’è qualche sogno, sfera professionale, che desidera ancora realizzare?
Amo confrontarmi sempre con nuovi orizzonti, per esempio, mi piacerebbe cantare in un film perché anche se la mia casa è il teatro, sono molto a mio agio davanti alle telecamere. Poi mi piacerebbe cantare volando, in teatro l’ho fatto più volte ma con imbracature poco naturali, chissà se la tecnologia potrà mai esaudire questo sogno bizzarro!